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che hanno come obiettivo primario l'integrazione sociale attraverso il lavoro.

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ARTICOLO 14

La società civile si arricchisce

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Servizi

Grazie alla nuova sinergia con Mutua sanitaria Cesare Pozzo, i lavoratori di Minerva Cooperativa possono contare sul fondo sanitario integrativo pensato ad hoc per venire incontro alle esigenze di salute e prevenzione in linea con quanto previsto dall’ all'obbligo contrattuale presente nel rinnovato CCNL Cooperazione Sociale.

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Chi siamo

Minerva Società Cooperativa Sociale nasce a Pavia nel giugno 2018 grazie all'intuizione di alcuni imprenditori che hanno come obiettivo primario l'integrazione sociale attraverso il lavoro.
Per questo ci rivolgiamo con particolare attenzione a soggetti in difficoltà sia sociale che economica, il tutto attraverso convenzioni con le Pubbliche Amministrazioni e le Aziende Private.
L'attività lavorativa è uno strumento fondamentale nella costruzione di rapporti interpersonali, perchè aiuta a scandire il tempo e a creare fiducia nelle potenzialità dei singoli individui. Attraverso il lavoro, quindi, le capacità vengono potenziate, rafforzando la stima verso sé stessi e le proprie possibilità.
Con l'impegno dei soci, dei fondatori, dei lavoratori e dei volontari, Minerva è cresciuta, fino a diventare una sicura realtà sul territorio, perfezionando e differenziando la qualità dell'offerta dei suoi servizi alla Pubblica Amministrazione e alle Imprese.

  • personale qualificato;
  • garanzia dei servizi;
  • prezzi concorrenziali.

I nostri numeri

73

Lavoratori attivi

43

Bandi aggiudicati

7971

Ore mensili lavorate

Con Noi per Voi. Creiamo insieme nuove opportunità

Posizioni aperte

Posizione Contratto Invia candidatura
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Ultime news

1. Stare #comodi. C'è chi leggendo questo punto ha pensato al divano, con la copertina (che d'inverno è una mano santa) e chi mente. Perché non dovremmo essere comodi anche in ufficio? Avere un'organizzazione personale, che ci aiuta a trovare le cose necessarie al momento opportuno, è il modo migliore per avere meno stress.

2. #Bere molto. Ovviamente (e purtroppo) credo si riferisca all'acqua. Quindi no, niente Mojito. Come dicono i medici, ma anche le nostre mamme e nonne, bere aiuta a restare idratati e questo ci rende meno inclini al nervosismo.

3. Avere #Luce. A parte avere un effetto benefico sugli occhi, la luce aiuta il buonumore. C'è chi confida nelle piante, c'è chi confida nei colori. Importante è avere qualcosa che ci aiuti a mantenerci sereni.

4. #Muoversi. Punto dedicato soprattutto chi fa un lavoro sedentario, davanti ad un pc (e so che su questo social siamo davvero in tanti).
Ogni tanto camminare, fa bene: occhio a non esagerare e passare il tempo a camminare, anziché lavorare. Sarebbe controproducente ugualmente.

5. Rendere #piacevole l'ambiente di lavoro. Come il punto precedente, è tutto molto soggettivo. Ma quale elemento migliore della musica, per rendere il proprio luogo di lavoro, piacevole e rilassato.

Questi sono solo alcuni dei consigli che il #web ci propone per trovare pace anche in ufficio e come sempre sono altamente soggettivi: ma vale la pena provarci, magari funzionano.

Auguriamoci dunque di essere in #pace, prima con noi stessi, poi organizzare il nostro ambiente lavorativo e renderlo più rilassato possibile: solo così riusciremo ad essere #produttivi, senza particolari stress.

Buona settimana, a tutti e buon relax.


SOLIDARIETA'

SOLIDARIETA'

Solidarietà. Partono le raccolte degli aiuti per l'Ucraina, attenti agli imbrogli
Fulvio Fulvi mercoledì 2 marzo 2022
C'è anche un “marchio di qualità” denominato “Donare con fiducia” rilasciato a enti, imprese e organizzazioni non profit dall’Istituto Italiano della Donazione
Beni di prima necessità per i profughi ucraini preparati dalla Croce rossa tedesca
Beni di prima necessità per i profughi ucraini preparati dalla Croce rossa tedesca - Ansa

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Aiutare con gesti concreti le vittime della guerra nei loro bisogni essenziali attraverso offerte e donazioni. La gara di solidarietà nei confronti delle popolazioni dell’Ucraina colpite dagli attacchi militari russi è già cominciata, diversi i progetti e le iniziative messi in campo finora.

Tra queste ricordiamo innanzitutto la campagna della Caritas italiana sostenuta dalla Cei.

A sei giorni dall’inizio del conflitto scarseggiano e sono destinate a terminare in breve tempo le scorte di cibo, acqua potabile, coperte, farmaci, prodotti per l’igiene e la cura della persona. E va considerato, inoltre, il numero sempre crescente di sfollati e rifugiati nei Paesi limitrofi all’Ucraina che fino a ieri superava le 250mila unità: gente che ha lasciato la propria casa senza portarsi dietro nulla. Questo significa che la rete degli aiuti e degli interventi di assistenza dovrà essere sempre più rafforzata nelle prossime settimane. Alle campagne di solidarietà lanciate da istituzioni, enti e associazioni benefiche si sono aggiunte le raccolte fondi promosse da organi di stampa, organizzazioni umanitarie, piccoli gruppi di cittadini.

Anche singole parrocchie e scuole in ogni parte d’Italia si sono impegnate a chiedere alle famiglie di contribuire, attraverso l’elargizione di denaro o di beni materiali, ad aiutare i bambini e i nuclei familiari ucraini più esposti all’emergenza guerra. Una mobilitazione generale che certamente fa bene a tutti, a chi dona e a chi riceve.

Ma non sempre è così. Qualche volta in passato, infatti, è accaduto che le risorse raccolte – soldi, pacchi alimentari, vestiario o altro – siano state disperse, non siano arrivate a destinazione o che certe campagne di solidarietà, puntando sulla grande generosità degli italiani e sull’effetto emotivo suscitato da taluni avvenimenti (terremoti, catastrofi naturali, guerre, carestie) abbiano fatto arricchire invece organizzazioni truffaldine o bande criminali perché rivelatesi un imbroglio.

Il rischio di incappare in un’operazione-truffa, insomma, è sempre presente. Come possiamo fare allora a riconoscere ciò che è “buono” da ciò che non lo è? Un modo certo per sapere se il proprio dono risulta “ben affidato” è verificare l’esistenza del “marchio di qualità” denominato “Donare con fiducia” rilasciato a enti, imprese e organizzazioni non profit dall’Istituto Italiano della Donazione (IID), associazione senza scopo di lucro costituita nel 2004 da Fondazione Sodalitas e Forum Terzo Settore e sostenuto dalle Fondazioni Compagnia di San Paolo e Cariplo. L’elenco dei soggetti riconsciuti si chiama “Io dono sicuro” ed è il primo database del genere esistente in Italia, consultabile da ogni cittadino sul sito www.istitutoitalianodonazione. it. Dal 2015, inoltre, IID promuove, il 4 ottobre di ogni anno, il #DonoDay.


La storia della cooperazione sociale e del volontariato in Italia

La storia della cooperazione sociale e del volontariato in Italia

Nel suo editoriale per il numero 4/2021 della rivista Impresa Sociale, interamente dedicato ai trenta anni della Legge 381, Carlo Borzaga approfondisce la storia e le origini del Terzo Settore nel nostro Paese e indaga sulle strategie per superare le letture semplicistiche del volontariato e della cooperazione sociale.

Una duplice radice
Il Terzo Settore in Italia ha una duplice radice: il volontariato organizzato e la cooperazione (di solidarietà) sociale. A partire dagli anni ’70, queste due radici hanno prodotto strategie e modelli di servizi e, al tempo stesso, hanno portato avanti istanze di riconoscimento.

Nessuno oggi mette in dubbio l’importanza di queste realtà. Più incerte sono invece le traiettorie che ne hanno comportato alla loro nascita e al loro sviluppo. Molti sostengono si debbano ringraziare le politiche di “privatizzazione” o “esternalizzazione” dei servizi sociali. Questo, per i più critici, avrebbe anche reso il Terzo Settore dipendente dal pubblico e avrebbe consentito un generico “disimpegno” dello Stato, finendo sia per metterne in discussione il valore sociale sia per minarne la capacità di innovazione.

Questa è però una lettura molto parziale e quindi fuorviante. Innanzitutto perché considera solo una parte, e neppure quella maggioritaria, di un fenomeno articolato e complesso. In secondo luogo, perché basata su schemi interpretativi presi in prestito da altre esperienze come quella anglosassone. E, infine, perché ancora dipendente dalla convinzione che gli attori del sistema economico siano solo il Mercato e lo Stato.

Analisi superficiali, che negano la portata innovativa e l’originalità dei fenomeni del volontariato e della cooperazione sociale, rischiando di sottovalutarne il potenziale. In particolare, negando il bisogno e la possibilità di creare spazi di “ascolto attivo” e di co-decisione su tematiche socialmente delicate.

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Cooperative sociali, apripista di un ecosistema dell'economia civile

Cooperative sociali, apripista di un ecosistema dell'economia civile

L'intuizione della legge 381 del 1991 ha generato frutti significativi, nel Terzo settore, ma anche nel profit. Come dimostra il caso delle benefit corporation

Le cooperative sociali non vivono solo un anniversario. Esse rappresentano un possibile futuro per i giovani. La legge 381 istituiva la cooperazione sociale in modo profetico. Insieme alla legge sul volontariato, si gettavano le basi del Terzo settore e della economia sociale più sviluppata in Europa. Parliamo di 15 mila imprese che danno lavoro a 480 mila persone, di cui 78 mila svantaggiate. È una forma concreta di inclusione sociale e lavorativa per soggetti fragili. 7 milioni di persone, 12% degli italiani, ricevono servizi sociosanitari, educativi, di prossimità. Viene agevolata in particolare la conciliazione vita-lavoro di centinaia di migliaia di donne lavoratrici. La comunità di persone al centro della cooperativa risulta essere beneficiaria e protagonista nel territorio. Questa realtà deve essere parte attiva del processo di trasformazione del modello di sviluppo al fine di ridurre disuguaglianze ed esclusione sociale delle persone vulnerabili. Così potranno svilupparsi housing ed agricoltura sociale, recupero e gestione dei beni comuni, coinvolgimento dei giovani nello sviluppo locale.


Le cooperative di comunità sono i nuovi capitali delle comunità che si manifestano quando i bisogni si fanno impresa. Parliamo di circa 200 cooperative che crescono trasformando la marginalità in punto di forza e valorizzazione delle risorse territoriali. Sono cooperative costituite da cittadini in zone di spopolamento per rispondere a bisogni essenziali. Si occupano di salvaguardia del patrimonio artistico, culturale ed ambientale, di tradizioni locali ed agroalimentare, di turismo sostenibile, gestione di parchi, boschi, energie rinnovabili, beni comuni, beni culturali, manutenzione del territorio, trasporti locali, commercializzazione di prodotti tipici, servizi di welfare socio-sanitario del territorio. Confcooperative sostiene 91 cooperative di cui 67 start up, con un fondo mutualistico delle imprese aderenti. In particolare l'aiuto avviene nella progettazione ed accompagnamento imprenditoriale. Possiamo capire questo piccolo mondo attraverso alcune esperienze. "Ortica" a Vanano, Modena, fa agricoltura sostabile utilizzando la pianta di ortica nel tessile per una moda sostenibile in economia circolare. Si va dalla produzione di ortica ai cosmetici, ai prodotti alimentari. Troviamo " Mesa Noa" a Cagliari in una zona degradata. Si va dalla produzione a Km0 ai servizi alla comunità come l'emporio solidale autogestito dove i soci sono anche lavoratori e clienti. A Sciacca, Agrigento, scopriamo la Cooperativa di comunità " Identità e Bellezza". Gestisce spazi museali della zona, per conto di Curia e Soprintendenza, trasformandoli in laboratori esperienziali come il Museo diffuso dei 5 sensi a cielo aperto. La cooperativa "La volpe ed il mirtillo" di Ormea a Cuneo, offre servizi di recupero dei castagneti, vende prodotti, organizza escursioni. Queste imprese nascono da un bisogno quando bar, ufficio postale, scuola chiudono. Sorge l’esigenza di lavoro e di tutela del territorio attraverso imprese di persone che si autorganizzano con modalità partecipativa e mutualistica, non si appropriano degli utili che lasciano nell'impresa per le generazioni future. Lo scopo è quello di valorizzare la comunità locale a rischio di deperimento. Sostenute da leggi regionali, ora necessitano di una legge nazionale che le assimili alle imprese sociali con attività miste e trasversali.

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